Il sogno concreto di Olivetti

L’occasione del festival letterario “La Grande Invasione” a Ivrea, offre lo spunto per un tour architettonico dedicato a una delle più famose Città Giardino diventate patrimonio UNESCO. Infatti dal luglio 2018 il sito “Ivrea, città industriale del XX secolo” è iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale (UNESCO).  Il prossimo 7 giugno  il prestigioso riconoscimento sarà festeggiato e una targa verrà apposta  all’ingresso della “Portineria del Pino” in Via Jervis, 11. Nella stessa giornata il pubblico potrà accedere liberamente per visite guidate, racconti e si potranno vedere le mostre allestite per l’occasione.
Inaugurato nel 2001, il MAM (Museo Virtuale dell’Architettura Moderna) si snoda per circa due km lungo l’asse di via Jervis, principale strada di Ivrea, con tutt’intorno gli edifici più importanti della storia industriale della Olivetti. Il museo crea un originale percorso costellato di stazioni tematiche e informative che collega i vari edifici, mostrandone la collocazione nel contesto storico e culturale e narrando le vicende che hanno legato il progetto imprenditoriale Olivetti all’architettura, all’urbanistica, al disegno industriale e alla grafica pubblicitaria. Si definisce museo virtuale perché gli oggetti della collezione non sono appesi alle pareti come quadri in un museo tradizionale, ma sono edifici veri, abitati e distribuiti sul territorio cittadino. Museo virtuale anche perché, grazie a Internet, si può approfondire questa preziosa collezione riconosciuta a livello mondiale come capolavoro dell’Architettura moderna e razionalista del ‘900.

Per tutta la metà degli anni Trenta (e per i successivi quarant’anni) l’idea fondante dell’imprenditore Adriano Olivetti fu di concepire la fabbrica, intesa quale luogo della produzione, in modo integrato con la comunità sociale e il suo territorio, dando così vita attraverso le sue pionieristiche idee, ad alcuni dei più interessanti esempi di architettura industriale, di servizio e residenziale di tutto il Novecento.

Il principale edificio della Olivetti, Officine ICO, è composto di vetro, acciaio e cemento, le tre unità care a Le Corbusier, e rappresenta un fronte armonico di pulita esattezza geometrica, lineare e funzionale, totalmente nuovo rispetto alla precedente idea di civiltà e immagine industriale. Adriano Olivetti lo commissionò verso la fine degli anni ‘30 a due architetti razionalisti, Luigi Figini e Gino Pollini. Il padre di Adriano, Camillo, aveva iniziato a fabbricare macchine per scrivere nel 1908, ma la sua era la classica officina di mattoni rossi, progettata da lui stesso e costruita secondo un’idea del luogo di lavoro ancora come chiuso e buio (Vecchia Fabbrica Olivetti).

La “fabbrica di vetro”, invece, – così da subito fu identificato l’edificio di Figini e Pollini – rispondeva ai criteri della trasparenza e della luminosità: ciò che accadeva fuori poteva essere visto da dentro e viceversa. Con le vetrate veniva non solo risolto un problema di luminosità ma ciò era anche un chiaro indizio dell’umanesimo industriale di cui la Olivetti era ed è rimasta ancor oggi un insuperato progetto-guida. Notevole risulta anche la formula sperimentata nell’asilo, posto strategicamente accanto alla stazione ferroviaria e alla fabbrica, un notevole aiuto per le mamme che, recandosi al lavoro, potevano agevolmente accompagnarvi i propri figli. L’area residenziale è data dal più classico Borgo ma, assolutamente da vedere, il complesso di Talponia, dove addirittura il parcheggio delle auto è completamente interrato, e gli alloggi, affacciati in una vetrata continua verso il bosco, sono coperti da prato (da cui il soprannome di “Talponia”) e da una strada pedonale

Adriano Olivetti realizzò un’esperienza industriale equa, solidale e democratica che rappresentò una specie di terza via tra libero mercato e pianificazione marxista, tra cristianesimo e comunismo. Al suo progetto collaborarono anche importanti intellettuali, artisti, filosofi e sociologi del tempo, quali Buzzi, Volponi, Ottieri e Pampaloni. La comunità di Ivrea fu un esempio concreto di come la catena di montaggio potesse trasformarsi da svuotante e ripetitiva azione per produrre reddito a strumento di riscatto, proprio grazie al sistema di welfare incredibilmente d’avanguardia creato dall’imprenditore.

Nel percorso intorno alla fabbrica si trova una serie di originali e funzionali soluzioni urbanistiche, impensabili per l’epoca: quartieri residenziali, viali alberati, ampi scorci di verde, abitazioni disperse sulle colline, spazi comuni per il tempo libero. L’Olivetti di Ivrea significò una mossa inedita rispetto alle abitudini esasperate del fordismo, ovvero la rappresentazione di un’industria dal volto umano; infatti, sebbene il capitalismo occidentale abbia manifestato nel Novecento le sue peggiori contraddizioni, è altrettanto vero che in questa piccola città si è fatto realtà il desiderio di una soluzione ideale ma non utopica che non rinnegasse il capitalismo ma lo declinasse in una modalità democratica e vivibile.

MAM – Museo Virtuale dell’Architettura Moderna

 

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