Nell’ignoto 2019 con il Tuffatore

La sua fondazione si perde nel mito, chiamando in causa le traversie degli Argonauti e la ricerca del Vello d’Oro. Ma di Paestum, la magnifica città della Magna Grecia a sud di Salerno, ormai si sa tutto, o quasi. L’area archeologica e le zone limitrofe non cessano di regalare testimonianze di un passato glorioso che ha inizio intorno al 600  a.C., quando Greci provenienti dalla colonia di Sibari scelsero la foce del Sele per sbarcare e porre le basi di un nuovo insediamento. Sulla costa trovarono un punto favorevole per un porto marittimo e fluviale, ponendovi a guardia un tempio dedicato a Era Argiva. Si spostarono poi nell’entroterra dove li attendevano una piana fertile e abbondanza di travertino sulle alte colline circostanti.

Così nacque la città, chiamata dai Greci  Poesidonia in onore del dio del mare. Era circondata da una cinta muraria – tuttora quasi totalmente integra – di circa 4,70  Km.  Costruita con grandi blocchi squadrati, la cinta era intervallata da 28 torri e possedeva quattro porte principali corrispondenti ai punti cardinali. La parte visitabile si estende per 110  ettari, su un terreno pianeggiante mantenuto a prato naturale, canneti, pini marittimi. Ai Greci si deve l’edificazione nei canoni dell’ordine dorico dei monumentali templi che dominano e nobilitano con la loro bellezza il paesaggio circostante. Sia i Lucani, che assoggettarono la città intorno al 400 a.C. cambiandole il nome in Paistom, sia i  Romani, al potere dal 273 a.C., non toccarono mai i templi.  Ed entrambe i popoli mai violarono  il cenotafio, la tomba dedicata al fondatore, pare un certo Megyllos.

I tre templi sono dislocati in modo asimmetrico nella pianta urbana. A nord, posto a guardia della città su un basso rilievo, si trova quello dedicato ad Atena, la dea dell’artigianato e della guerra, edificato attorno al 500  a.C.. Ben più a valle sorgono gli altri due, a breve distanza l’uno dall’altro. Il cosiddetto tempio di Nettuno è il più grande e meglio conservato di Paestum. Il nome è stato attribuito nel Settecento quando si iniziò a studiare e a indagare l’area, ma il ritrovamento di una statua in terracotta di Zeus nei pressi fa pensare che in realtà fosse dedicato al re dell’Olimpo.

Poco discosto si trova il tempio di Hera, detto Basilica. Datato attorno al 560 a.C., è il più antico ed anche il più originale dal punto di vista architettonico, dato che, a differenza degli altri, venne edificato senza seguire le regole classiche. I templi erano luoghi di culto, ma inaccessibili. Solo il sacerdote e le vestali potevano entrare al cospetto della statua della divinità. I riti infatti si tenevano all’esterno, su altari in pietra antistanti l’ingresso di cui rimangono resti evidenti.

A differenza degli antichi abitanti oggi noi abbiamo il privilegio di entrare nei due templi di Nettuno e di Hera, grazie alla sensibilità e all’intraprendenza del giovane direttore del Parco Archeologico di Paestum, Gabriel Zuchtriegel. Eliminati steccati, transenne e barriere architettoniche, si possono seguire dei percorsi sperimentali immergendosi totalmente nell’atmosfera magica creata dalle imponenti colonne e  dalle possenti architravi, capolavori d’ingegno capaci di resistere all’usura del tempo e ai terremoti. Ma l’area è tutta cosparsa di opere e vestigia di grande interesse, integrando armoniosamente la città greca e la città romana (che conferì il nome attuale, Paestum) di cui si distinguono facilmente l’anfiteatro e le strade lastricate. La dominazione dei Lucani non comportò invece cambiamenti nella città. Probabilmente assoldati come mercenari dai Greci, ne apprezzavano riti, organizzazione, cultura e costumi. Il loro lascito si concentra in monili, oggetti, anfore e soprattutto stupendi affreschi delle pareti tombali, riportati alla luce nell’area e in altri insediamenti del luogo e conservati nel ricchissimo Museo Archeologico di Paestum.

Pare che questa pratica d’arte funeraria fosse stata copiata dagli Etruschi, che popolavano il territorio al di là del Sele e con i quali i Lucani, così come i Greci, nei periodi di pace avevano intensi rapporti commerciali. Non era invece abitudine dei Greci di Poseidonia affrescare i sepolcri; con un’unica, incredibile e stupefacente eccezione: la Tomba del Tuffatore. Il sepolcro è stato ritrovato nel 1968 nel corso di scavi a pochi chilometri dalla città presso una casa patrizia. Le pareti laterali, magistralmente affrescate, rappresentano uomini intenti a pratiche conviviali, probabilmente un simposio iniziatico in cui l’abbandono al vino, all’eros, all’arte, ovvero musica, canto o poesia, poteva condurre ad un’estasi quasi “ultraterrena”.

Già questa rappresentazione è carica di mistero, perchè contrasta con l’idea dell’aldilà generalmente espressa  dagli antichi Greci del V secolo a.C.: un luogo di tenebra tutt’altro che lieto. Ma la figura stilizzata del giovane sospeso nel vuoto nell’atto di raggiungere con leggerezza e letizia lo specchio d’acqua sottostante, l’essenzialità della scena, la mancanza di riferimenti a divinità o personaggi mitologici, sembrano voler dire di più. Anche perché il Tuffatore, soggetto assolutamente singolare, si trova all’interno sulla lastra di copertura della tomba, per guardare il defunto. La teoria più affascinante sostiene che l’immagine alluderebbe al transito post mortem verso un mondo di conoscenza, di cui la ricerca del piacere terreno sarebbe solo un pallido ed effimero surrogato. Qualunque sia il significato originario, di certo il Tuffatore incanta e seduce chiunque lo guardi.

Il sito di Paestum riceve un gran numero di visitatori, ogni anno in crescita. Ma in più dal 1997 c’è un evento che qui riunisce il meglio dell’archeologia mondiale e molti operatori del turismo legato alla cultura. La Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico è momento unico nel suo genere, luogo di approfondimento e divulgazione di temi dedicati al turismo culturale ed al patrimonio. Con questa iniziativa l’archeologia si dimostra fattore di dialogo interculturale, d’integrazione sociale e di sviluppo economico. Ogni anno la Borsa promuove la cooperazione tra i popoli attraverso la partecipazione e lo scambio di esperienze. L’ultima edizione si è tenuta dal 15 al 18 Novembre 2018. E’ stata l’occasione per celebrare il ventennale dell’iscrizione di Paestum nelle liste del patrimonio mondiale dell’umanità Unesco e soprattutto rinnovare il legame con i siti archeologici minacciati e i personaggi impegnati nella loro difesa. Da questo legame sono nati il gemellaggio tra Paestum e Palmira, e l’istituzione dell’International Archeological Discovery Award, intitolato al suo compianto, eroico direttore, Khaled al-Asaad.

Parco Archeologico di Paestum

Tags

About the author